Che fine ha fatto Totò Cascio, il bambino di Nuovo Cinema Paradiso? In un corto racconta la sua malattia (e la nuova speranza)
Salvatore Cascio, noto anche con il soprannome di Totò, diventa famosissimo già all’età di 9 anni, grazie alla sua interpretazione del protagonista Salvatore nell’acclamato film di Giuseppe Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso.
Il successo internazionale lo porterà anche a conquistare il BAFTA nella categoria attore non protagonista, diventando l’attore più giovane a ricevere l’ambito premio.
Salvatore Cascio, già noto per alcune apparizioni al Maurizio Costanzo Show, sembrava avviato verso una luminosa carriera cinematografica. Negli anni successivi ha recitato in altri film come C’era un castello con 40 cani e Stanno tutti bene, quest’ultimo sempre con il regista Tornatore.
Tuttavia, dagli anni ’90 in poi, la presenza di Totò Cascio sul grande schermo diminuisce drasticamente, limitandosi ad un film tv – Il morso del serpente, 1999 – e un documentario, Protagonisti per sempre.
Sarà proprio Salvatore Cascio, dopo tanti anni, a raccontare il motivo che l’ha spinto ad allontanarsi dal cinema. Nel cortometraggio A occhi aperti, girato da Mauro Mancini e pubblicato lo scorso anno, Totò Cascio rivela di aver avuto la retinite pigmentosa, dovuta ad una degenerazione genetica.
Una patologia, come ha rivelato lui stesso anche nella recentissima autobiografia ‘La gloria e la prova. Il mio Nuovo Cinema Paradiso’, che lo ha reso quasi cieco.
“Ci sono stati non giorni, ma anni in cui le mie ore trascorrevano nell’attesa della notte. Non vedevo l’ora di chiudere i conti con la veglia, desideravo che il giorno terminasse per poter dormire e sognare. Perché quando sognavo, vedevo, vedevo bene”, scrive Totò Cascio, oggi 42enne, nell’autobiografia.
Oltre alla medicina, Totò Cascio si è affidato molto alla fede cristiana. “Grazie a Dio ci sono delle speranze nelle conquiste future della medicina – le sue parole – Spero sempre nella scienza, bisogna credere nella scienza. Grazie a Dio ho tanta fede. Ma ho vissuto anni difficili”.
Infine un messaggio di speranza: “Bisogna accettare i problemi, accettare la disabilità, che non è una condanna ma una condizione”.