“E allora i Marò?”
Per diverso tempo questa domanda è diventata un vero e proprio tormentone “sarcastico” che ha girato sul web, diventando la base di diversi meme.
Eppure la storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non è delle più divertenti. Entrambi ufficiali della Marina, sono finiti nei guai il 15 febbraio del 2012 per un presunto attacco alla petroliera Enrica Lexie.
I militari sono stati accusati di omicidio dallo Stato indiano a seguito della morte di due pescatori, Valentine Jelestine e Aiesesh Pinku, che si trovavano al largo delle coste indiane sul peschereccio St. Anthony mentre scortavano la petroliera.
A causa di questo incidente diplomatico, i due militari sono rimasti 3 mesi nelle carceri indiane per poi essere trasportati all’interno dell’ambasciata italiana e vivere lì dentro in libertà vigilata per quasi quattro anni.
Il caso è stato seguito da un magistrato italiano che ha trovato diverse incongruenze con la versione riportata dallo stato indiano. Oltre alle perizie balistiche discordanti e altri numerosi elementi che fanno dubitare persino della presenza effettiva del peschereccio St. Anthony al largo di quelle coste, il magistrato ha dichiarato che “il caso va comunque ricondotto all’esercizio della legittima difesa, almeno, putativa e tutt’al più, a un eccesso colposo che sarebbe definitivamente prescritto“, e ha quindi archiviato l’intera vicenda.
A distanza di più di 10 anni si è finalmente conclusa l’odissea dei due marò, che oggi possono festeggiare la loro libertà. “15 febbario 2012 – 31 gennaio 2022 F I N E !!!!! Oggi mi sono svegliato per il primo giorno da Uomo e Militare libero. Questa archiviazione equivale a una Piena assoluzione. È per me un grande riconoscimento, perché ho sempre detto la verità“, scriveva su Facebook Massimiliano Latorre, il 31 gennaio dello scorso anno, giorno della loro effettiva liberazione. Il militare lavora oggi in un ufficio dello Stato maggiore della Difesa a Roma.
Salvatore Girone si è trasferito a Bari e lavora presso la Capitaneria di Porto e anche lui, dopo la liberazione, si è sfogato attraverso il social media di Zuckerberg. “Si chiude un capitolo della mia vita dal peso non indifferente che lasciato in me grosse ferite ancora aperte nei confronti di un sistema in cui credevo molto. (…) l’incompetenza politico-diplomatica che inizialmente ha mal gestito la nostra vicenda non ha mutato il mio essere riconoscente e credere ai valori etici e morali del nostro Paese“.
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