Vi ricordate Spillo della serie televisiva “Amico mio“? O chiunque abbia visto “Io speriamo che me la cavo“, il film cult di Lina Wertmüller con Paolo Villaggio, ricorderà sicuramente il piccolo Vincenzino, uno dei tanti bambini protagonisti di quella tragica storia. Oggi, quel bambino è un uomo di 39 anni, un attore affermato che continua a dare il suo contributo al mondo del cinema e del teatro: Adriano Pantaleo.
Pantaleo esordisce giovanissimo nel mondo dello spettacolo e già nel 1993, all’età di soli 10 anni, fa la sua apparizione in “Ci hai rotto papà” di Castellano e Pipolo (l’anno successivo) e poi proprio in “Io speriamo che me la cavo“, si renderà noto al grande pubblico. La sua popolarità ha un’altra impennata grazie al suo ruolo di Spillo nella miniserie “Amico mio” (1993 e 1998) accanto a Massimo Dapporto, con cui lavorerà di nuovo in “Casa famiglia” (2001 e 2003). Nel 2003 farà anche il ruolo di Pino, il giovane barista della serie “Il bello delle donne 3“.
Nonostante abbia iniziato con la televisione, Adriano è anche un abile teatrante. La sua formazione accademica lo ha portato a laurearsi in “Arti e Scienze dello Spettacolo” presso La Sapienza di Roma e nel 2008 è stato protagonista della trasposizione teatrale di “Gomorra”, tratto dal celebre romanzo di Roberto Saviano. Nello stesso periodo, prenderà parte alla serie “Tutti pazzi per amore” nelle tre stagioni (2008, 2010, 2011), interpretando il pallanuotista Gennaro Capone.
Negli ultimi anni è apparso nella trasposizione televisiva di “Natale in casa Cupiello” di Sergio Castellitto e nel film “Mixed by Erry” di Sidney Sibilia, ma è con il documentario “Noi ce la siamo cavata” che Adriano Pantaleo riannoda il filo con il passato. Il progetto, co-prodotto dallo stesso attore, è nato da una domanda che lo ha accompagnato per trent’anni: “Che fine hanno fatto gli altri bambini di ‘Io speriamo che me la cavo’?“. Il docufilm, diretto da Giuseppe Marco Albano, è uno di quei viaggi malinconici e allo stesso tempo emozionanti che ci portano in un turbinio di ricordi di quei ragazzi e i cambiamenti di Napoli e dell’Italia. In “Noi ce la siamo cavata”, Pantaleo non è solo narratore, ma anche “autista” di una storia corale: guida uno scuolabus alla ricerca dei suoi ex compagni di set, raccogliendo le loro testimonianze e dipingendo un quadro della loro evoluzione. Alcuni hanno abbandonato il mondo dello spettacolo, altri hanno trovato strade diverse, ma tutti, in qualche modo, “ce l’hanno fatta“.
Oggi Adriano Pantaleo è un attore maturo, padre di due figli, che riflette con consapevolezza sul cambiamento della società e dello spettacolo. In un’epoca in cui la popolarità spesso si misura in follower, lui sottolinea l’importanza dello studio, del lavoro e della dedizione. “Noi non ci siamo mai sentiti delle star – racconta – e sapevamo che la vita era tanto altro oltre alla notorietà. Oggi la sfida è trasmettere ai miei figli quei valori di umiltà e sacrificio che hanno segnato la mia generazione“.
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